
Per colpire una trasmissione fastidiosa come Report è necessario colpire al cuore.Il cuore è la credibilità e l’immagine della conduttrice: Milena Gabanelli.
Da tempo ci aspettavamo che arrivasse la polpetta avvelenata e - infatti - è puntualmente arrivata. Non da un avvocato di Big Pharma, ovviamente, sarebbe assai scontato. La polpetta per essere assaggiata e digerita dai boccaloni e dagli acefali, ma soprattutto dai “devoti” delle giuste cause, ha bisogno di alcuni elementi base.
Ad accusare la Gabanelli di essere un personaggio spregevole è infatti un ex collega free lance, conosciuto e stimato come giornalista indipendente.
Il giornalista si presenta in una lettera come
vittima di un complotto (l’eroe tragico) che nonostante lo strapotere resiste alle forze del male. Mette anche le mani avanti:
“Verrò travolto dalle vostre querele, a tutela del vostro ‘buon nome’, ma ho deciso di mettermele alle spalle. Io prendo posizione di fronte a questa censura con cui lei Gabanelli è in palese collusione, e il mio coraggio è comunque una piccola cosa, perché c’è chi ha preso posizione di fronte a una camera di tortura in Cile o di fronte a un Merkava in Palestina. Il vero coraggio è loro, non mio. Né lei né la RAI mi zittirete mai (P.Barnard).
Paolo Barnard sta costruendo da diversi mesi questa campagna di delegittimazione utilizzando al meglio la rete, con un’invidiabile strategia di marketing virale: spedisce diligentemente le sue invettive a tutti i blog e siti d’informazione, si fa intervistare dalle web tv, pubblica e ripubblica le mail di solidarietà che gli arrivano. E la panna monta.
In realtà, se ci si pensa bene, l’unica verità che viene presentata come incontestabile è proprio quella di Barnard, cavaliere solitario, vittima sacrificale dello spietato sistema delle multinazionali, della Rai e - soprattutto - della cinica indifferenza della Gabanelli. L’inchiesta, la causa, il contesto: tutto rimane sullo sfondo.
Per formulare un giudizio non vengono comunicati su questa vicenda elementi essenziali:
1)
Per quale motivo l’informatore farmaceutico si ritiene danneggiato?
2)
Com’è finita la causa? Il tribunale ha condannato Barnard? E se si, con quale motivazione? pura cattiveria al soldo delle (sempre cattivissime) multinazionali del farmaco?
3)
A quanto ammonta la richiesta di risarcimento?
4)
La Rai e la Gabanelli hanno utilizzato la manleva e si sono poi rivalsi su Barnard oppure no?
Sono informazioni che non è dato avere da Barnard, troppo impegnato a diffondere la sua campagna, peraltro immediatamente ripresa da “il Giornale” con uno sferzante articolo di Filippo Facci.
La rete si dimostra ancora una volta strumento acefalo, certamente ingovernabile ma sicuramente indirizzabile, pronta solo a dividersi tra i probarnardiani (tanti) e i progabanelliani (pochissimi). In conclusione, crediamo che alcuni problemi sollevati dal “caso Barnard” siano autentici: le cause civili, infatti, possono essere un elemento di condizionamento forte per i giornalisti (a proposito: la Gabanelli ne ha in corso circa trenta…). Questa vicenda ci sembra però fortemente inquinata dall’evidente risentimento personale di Barnard nei confronti di Gabanelli e quindi, di fatto, ridotta a una pura e semplice campagna di delegittimazione professionale.
p.s.
Consigliamo a Barnard di scrivere un nuovo libro "Perchè la Odio"...